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Un monumento in una stanza

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Data: 28/11/2017

Il grande modello ligneo della fontana di Trevi esposto nel percorso permanente del Museo di Roma-Palazzo Braschi dopo il restauro curato dall'ISCR e finanziato dalla Fondazione Paola Droghetti e dagli Amici dei Musei di Roma.

Nelle collezioni del Museo di Roma-Palazzo Braschi è conservato il grande modello della fontana di Trevi, progettata da Nicola Salvi. L’opera in legno, realizzata in scala 1/15 dal falegname capomastro Carlo Camporese tra il 1733 e il 1735, costituisce uno straordinario documento sull’uso dei modelli architettonici nei cantieri settecenteschi e sulla modalità con cui Salvi ha sviluppato il suo percorso progettuale.

Tra il 2016 e il 2017, nell’ambito di un accordo di collaborazione con la Sovrintendenza Capitolina, l’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro ha realizzato un complesso restauro del modello, con i finanziamenti della Fondazione Paola Droghetti onlus e dell’Associazione Amici dei Musei di Roma onlus.

I risultati dell’intervento sono stati illustrati venerdì 24 novembre al Museo di Roma a palazzo Braschi. Per la grande partecipazione di pubblico, sono state messe a disposizione dei convenuti altre due sale del Museo, oltre al previsto Salone d’Onore.

Dopo di saluti di Rossella Leone (Museo di Roma), Gisella Capponi (Direttore ISCR), Ludovico Ortona (Presidente dell’Associazione Amici dei Musei di Roma) e Vincenzo Ruggieri (Presidente della Fondazione Paola Droghetti), è stato proiettato il video Un fondale per l’Acqua Vergine (di Mounts e Carla Scicchitano, prodotto dalla Fondazione Paola Droghetti) che, attraverso le interviste ai responsabili dell’intervento, ha illustrato il progetto.

Nella stessa occasione è stato presentato il libro Un fondale per l’Acqua Vergine. Il modello della Fontana di Trevi, storia e restauro, a cura di Rossella Leone e Francesca Romana Liserre, Gangemi Editore, volume della collana Interventi d’Arte sull’Arte, sempre a cura della Fondazione Paola Droghetti

Il modello ligneo di Carlo Camporese è esposto nel percorso stabile al secondo piano del Museo di Roma.

All’arrivo presso il laboratorio di Manufatti Lignei, nel novembre 2016, le condizioni dell’opera denunciavano chiaramente una vita complessa, fatta di molteplici vicissitudini e passaggi di mano che l’avevano segnata nelle sue cromie, ma anche nella sua consistenza fisica, con rimaneggiamenti, danni e problemi strutturali.

Il costante e affiatato lavoro delle diverse professionalità dell’Istituto è stato progettato e diretto da Francesca Romana Liserre. Marisol Valenzuela ha coordinato gli interventi sulle superfici dipinte seguendo il lavoro delle quattro neo-laureate vincitrici delle borse di studio finanziate per l’occasione dalla Fondazione Paola Droghetti: Annamaria Arcangeli, Giulia Cova, Claudia Ranieri e Valentina Ruggiero. Per il recupero e il consolidamento della struttura (finanziata dall’Associazione Amici dei Musei di Roma) ci si è giovati della pluriennale esperienza di Roberto Saccuman. Inoltre è stato essenziale il valido sostegno delle biologhe Giulia Galotta e Maria Rita Giuliani e delle chimiche Marcella Ioele e Laura Medeghini, a cui si è aggiunto il contributo del progetto illuminotecnico di Fabio Aramini.

È stato così possibile recuperare una leggibilità compromessa dal tempo e dagli eventi e apprezzare in pieno un’opera ricca di significato, nella sua consistenza fisica e nel suo contenuto documentario.

Gli interventi del restauro si sono svolti in continua interazione con le ricerche storico-documentarie che hanno aggiunto informazioni per chiarire sia l’utilizzo del modello nel cantiere, sia le sue successive vicende di recupero e trasformazione

Le ricerche di Francesca Romana Liserre hanno chiarito la funzione essenziale svolta dal modello nella pratica di cantiere, in una vicenda intensa durata un trentennio durante il quale si sono confrontati (e talvolta scontrati) numerosi artefici. Lo studio ha permesso di collocare nuove tessere di questo articolato panorama per chiarire meglio il modo in cui ha visto la luce una delle opere più celebri della Roma settecentesca e non solo. Il modello rappresenta una “capsula del tempo” che ha consentito di ripercorrere il percorso ideativo dell’architetto, la modalità con cui il complesso connubio tra architettura e scultura è stato calibrato e definito, in un lungo processo di valutazione che si è consumato spesso davanti a questa opera, collocandovi gli innumerevoli modellini in cera, gesso o terracotta creati dagli intagliatori, da Giovan Battista Maini o da Salvi stesso.

La figura del mastro falegname al quale, attraverso i documenti, è stata da tempo attribuita l’esecuzione del “grande modello della facciata dell’ornato dell’Acqua Vergine”, è stata analizzata negli studi di Fabrizio di Marco che ha ricostruito l’affermazione dell’artigiano imprenditore, attivo nei cantieri diretti dai maggiori architetti dell’epoca, come Nicola Michetti o Luigi Vanvitelli, e capostipite di tre generazioni di architetti.

Il restauro è stato l’occasione di nuove indagini sulla storia del modello successiva al cantiere, concluso nel 1762. Rossella Leone che, per il Museo di Roma ha seguito l’iniziativa, ha analizzato lo sviluppo degli interessi di archeologi, eruditi, accademici e collezionisti nei confronti della produzione di modelli architettonici che, tra fine Settecento e Novecento, determinarono l’apprezzamento e il recupero del modello della fontana fino al suo approdo, nel 1954, nelle collezioni del Museo di Roma. In particolare è emerso, grazie a una firma sul supporto, che il modello fu rimaneggiato, a fine Settecento, da Carlo Lucangeli, noto per la costruzione del grande modello ligneo dell’anfiteatro Flavio, conservato tuttora presso la Soprintendenza archeologica di Roma.

Nel corso dei lavori, la collaborazione di Anna Maria Cerioni, responsabile dell’Ufficio Restauri della Sovrintendenza Capitolina e direttore dei lavori del recente restauro della fontana di Trevi, ha favorito confronti e riflessioni utili a orientare interventi e ricerche.

Prezioso complemento, anzi vero completamento, di questo quadro è il contributo di Davide Fodaro e Livia Sforzini, autori di un precedente restauro delle statue in terracotta di Oceano e la Fertilità conservate nel Museo Nazionale del palazzo di Venezia, da tempo messe in relazione con il modello. Con la fattiva collaborazione dello stesso Museo, Davide Fodaro ne ha ricavato copie 3D di alta qualità che aiutano la lettura del modello nella sua originaria funzione, grazie a una sorta di ‘restauro impossibile’ che ci restituisce un saggio del metodo progettuale di Nicola Salvi e ci guida ancor più nella sua straordinaria fontana.