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Elefantino di piazza della Minerva a Roma

analisi storico-critica

Cenni storici

Quando nel 1665 fu rinvenuto nel giardino del convento dei domenicani, detto della Minerva, (nell'area dell’antico Tempio di Iside) un piccolo obelisco egizio integro, di granito rosso (alto m 5,47), Papa Alessandro VII Chigi affidò a Gian Lorenzo Bernini l’incarico di  progettare nella adiacente piazza della Minerva un monumento celebrativo a glorificazione della Chiesa e dello stesso Pontefice.

L’opera dedicata alla divina Sapienza doveva, infatti, essere ideata integrando organicamente in un’unica sintesi le forme rigorose dell’antico monolite intagliato di geroglifici, con un basamento riccamente scolpito sul quale innalzarlo, e creare così un  apparato monumentale connotato da  forti implicazioni simboliche.

I numerosi disegni, tuttora conservati, testimoniano l’intensità del flusso ideativo e la genealogia delle diverse proposte progettuali di Gian Lorenzo Bernini,  tra le quali le prime due raffigurano arditamente un gigante possente nell’atto di sollevare da terra e sostenere con le braccia, in una presa  dall’equilibrio instabile, l’obelisco.  Questa configurazione conferiva alla composizione  un sorprendente effetto di vertigine,  d’impronta tipicamente berniniana.

Con le successive elaborazioni l’artista indicò ipotesi meno bizzarre fino a pervenire alla soluzione dell’elefante con l’obelisco sul dorso, anch’essa  definita via via attraverso diversi disegni. Molto probabilmente tale scelta fu suggerita dallo stesso Pontefice sulla base di un’incisione contenuta nel libro la “Hypnerotomachia Poliphili “ o “Sogno di Polifilo”, del domenicano Francesco Colonna, pubblicato a Venezia nel 1499. Il  testo era  ben noto al Papa il quale l’aveva personalmente postillato.

Peraltro circa trentacinque anni prima (1632) Bernini aveva progettato un elefante con un obelisco sulla groppa, mai realizzato,  che doveva essere eretto nel giardino di Palazzo Barberini per Urbano VIII: ci restano un disegno e il bozzetto in terracotta dai quali è immediato il riferimento evidente con quello successivo della Minerva. 

Il linguaggio interpretativo del simbolismo animale ha una molteplicità e complessità di riferimenti possibili, da quelli di origine orientale a quelli biblici, senza escludere l’accezione più popolare legata alla suggestione esotica evocata da una bestia forte, insolita  e misteriosa  come l’elefante.

Le iscrizioni sul piedistallo del monumento ne esplicitano i significati. Nella frase conclusiva  della lapide dedicatoria posta sul prospetto orientale è indicato: “…ROBVSTAE MENTIS ESSE SOLIDAM SAPIENTIAM SVSTINERE”, laddove si intende, appunto, la Sapienza Divina.

E la cuspide in bronzo con la croce alla sommità dell’obelisco pagano afferma il dominio della cristianità.

Per la esecuzione del progetto Gian Lorenzo Bernini si avvalse dello scultore Ercole Ferrata, suo allievo e collaboratore abituale nonché, per la conduzione dei lavori, del Frate domenicano Giuseppe Paglia col quale ebbe contrasti professionali.

La realizzazione di tali lavori si concluse in un tempo breve, poco più di un anno, come sappiamo dal Diario di monsignor Cervini:“28 aprile 1666: dato principio nella piazza della Minerva a farvi fondamenti per innalzarvi la guglia ritrovata da frati nel loro giardino” ; “3 febbraio 1667. Alzata la guglia nella piazza della Minerva”.

Il monumento venne inaugurato l’11 luglio 1667, poco dopo la morte di Alessandro VII  avvenuta il 22 maggio dello stesso anno.