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Prima bandiera dell'Arma dei Carabinieri

intervento di restauro

Il restauro della bandiera, completa di asta e puntale, fiocco e medaglie, è stato complesso e ha interessato tutte le sue parti costitutive, coinvolgendo anche la collega Paola Donati del laboratorio di restauro dei metalli.  Il restauro si è svolto in due momenti distinti e successivi e ha permesso, dopo le prime operazioni, di esporre la bandiera nella mostra “I Carabinieri a Gorizia, 1915-2015”.

Prima di procedere all’intervento di restauro, al fine di avviare un procedimento corretto e mirato, la bandiera è stata sottoposta ad una campagna fotografica (del fronte e del retro, al luce diffusa e radente) e ad esami volti a caratterizzare i materiali costitutivi e a mettere in evidenza i fenomeni di degrado. Differenti tipi di indagini sono state effettuate dai laboratori di Restauro, di Chimica[1] e di Biologia. Nel laboratorio di restauro è stata svolta anche una documentazione fotografica  allo stereomicroscopio e al microscopio digitale.

Il tricolore era fissato all’asta mediante le bullette metalliche: esse sono state rimosse avendo cura di documentare l’esatta posizione e pertinenza. Il primo intervento ha riguardato l’aspirazione dei depositi incoerenti dalle superfici e il consolidamento della seta degradata del drappo e del fiocco. Il restauro ha previsto un intervento totalmente rispettoso della “vita in battaglia” della bandiera ma anche delle cure avute, forse proprio dai carabinieri, nel corso della storia, cioè tutti i rammendi e le integrazioni.

Un preliminare consolidamento e risanamento dei tagli e delle lacune è stato eseguito a cucito con organzino di seta e aghi chirurgici, con protezioni parziali di tulle nelle zone più compromesse. Il drappo poteva essere così manipolato in sicurezza e si poteva iniziare la prima fase di pulitura, condotta con un aspiratore a potenza variabile con l’interposizione di un tulle di protezione. Quindi si sono risanate le deformazioni con vapore freddo e si è potuto procedere alla pulitura per via umida eseguita sul tavolo aspirante, utilizzando carta assorbente per trattenere il particolato rimosso. L’asciugatura è avvenuta con la bandiera delicatamente “vincolata” sul perimetro da piccoli pesi, ottenendo un buono riallineamento di ordito e trama. A questo punto è stato possibile consolidare l’intera superficie della bandiera attraverso il fissaggio a cucito con filze su crepeline di seta naturale (Foto 3). Per mantenere con la giusta tensione la crepeline di seta, in corretta posizione rispetto al tessuto della bandiera, si è utilizzata una cornice in “carton plume” su cui è stato posizionato il velo di seta, fissato perimetralmente ad incastro.

Contemporaneamente era stato portato avanti il restauro di tutti gli elementi della bandiera: fiocco, cordone con nappe, asta, puntale e medagliere. Per il fiocco in seta , originariamente blu scuro, dopo l’aspirazione del particellato, è stato eseguito il risanamento delle deformazioni con vapore freddo; poi “a umido”, sul tavolo aspirante, permettendo il riallineamento di orditi e trame, e il conseguente riaccostamento dei lembi nelle zone più degradate e lacunose. E’ seguito il consolidamento parziale a cucito delle zone più compromesse con un tulle blu e il consolidamento totale con metodo del sandwich, utilizzando un velo di crepeline in seta appositamente tinto in laboratorio. Per il restauro del cordone con le nappe e del medagliere si è seguita la stessa metodologia: aspirazione, pulitura a umido delle frange, delle nappe e dei nastri su piccola tavoletta aspirante; consolidamento a cucito con tulle sia per i nastri, sia lungo tutto il cordone per il fissaggio di filati metallici sollevati e protezione delle zone lacunose. Le medaglie presenti (repliche delle originali) sono state pulite con spazzolina morbida. L’intervento sul velluto dell’asta è stato condotto senza operare alcun distacco, pertanto le operazioni eseguite, (soprattutto quelle che prevedevano la pulitura ad umido) sono state condotte con estrema cautela ed accorgimenti. Dapprima è stato svolto l’intervento di rimozione delle polveri con aspiratore e microaspiratore, poi la vaporizzazione a freddo che ha permesso l’idratazione del tessuto e la parziale sottrazione di depositi superficiali lavorando con pennelli morbidi e tamponature con tessuto di cotone. La successiva pulitura con una miscela di acqua minerale e alcool etilico (3:1), utilizzata con pennelli e spazzolini morbidi, ha rimosso piccole macchie e gore di depositi di particellato portati in soluzione). Contemporaneamente è stata eseguita la pulitura delle bullette metalliche e del puntale, con spazzolina morbida e rimozione dei prodotti di ossidazione ottenendo le superfici più lucide.

Per accordare le esigenze conservative a quelle del trasporto e dell’esposizione (Mostra di Gorizia, luglio 2015) si è scelto di posizionare l’intera bandiera su un grande pannello idoneamente preparato con mollettone e tessuto di lino. Il drappo è stato quindi fissato a cucito e protetto con tulle a effetto “trasparente”. Questa scelta di “ compromesso” ha portato ad esporre la bandiera, con la superficie protetta, in sicurezza ma, ovviamente, fruita in una condizione “innaturale” rispetto al messaggio originale. Perciò si è deciso di raccogliere questa particolare sfida, quella di poter riproporre la bandiera in verticale nella sua teca al museo. Una scelta che nel campo del restauro tessile non è molto frequente, perché queste particolari opere soffrono delle condizioni di esposizione e della luce, rivelandosi fragilissime e soggiacendo alla conservazione in piano e in condizioni di estrema protezione…in cassettiere!

A termine della mostra a Gorizia, è stato dato quindi l’avvio alla fase successiva che ha visto il completamento degli interventi di consolidamento della seta degradata: ricomposizioni di lacerazioni e di piccole lacune e il fissaggio definitivo del tulle di protezione del recto della bandiera. Contemporaneamente si sono iniziati test sui materiali e ricerca delle più idonee metodologie di intervento. Si è scelto un supporto trasparente e flessibile per poter “ripresentare” la bandiera nelle sue peculiarità. Questo momento di ricerca ha visto i test per registrare il naturale panneggio del drappo (in modo da organizzare le cuciture lungo le “linee di forza”) e il test di tessuti indeformabili con caratteristiche di inerzia chimica. Si è costruita pertanto una replica in seta della bandiera come provino per testare la metodologia che è stata poi scelta nel restauro. Si è deciso di realizzare un supporto versatile e ottimizzabile per il miglior effetto estetico all’interno della vetrina, ricorrendo ad un materiale sostenuto ma leggermente flessibile, un poliestere monofilo, che è stato sagomato sulle forme e dimensioni della bandiera. Per il fissaggio a cucito è stato utilizzato filato di seta a punto filza lungo le “linee di forza” individuate dai provini: una serie di rette a raggiera dal vertice sinistro del telo verde (Foto 18). Sul retro del drappo, al tessuto di poliestere è stato fissato un velo (crepeline) di seta beige avente funzioni meramente estetiche.

Il velluto dell’asta è stato protetto con un tulle di nylon con la funzione, anche, di supportare le successive operazioni di fissaggio di un velcro, scelto per rimontare la bandiera. Infatti, complesso è stato l’intervento di posizionamento: il drappo estremamente deformato ormai era retto sull’asta con bullette metalliche che non assolvevano la loro funzione ma creavano molte tensioni. Le tensioni e deformazioni con il restauro sono state ridotte moltissimo e si è creduto opportuno creare un sistema reversibile di ancoraggio con limitate porzioni di velcro cucite sul tulle di protezione dell’asta e sul supporto posteriore della bandiera, lasciando alle bullette una minima funzione di fissaggio. Sull’asta sono state cucite piccole porzioni di velcro grigio (lato morbido) ancorate al tulle di protezione, a loro volta ben tenute in posizione da un altro strato di tulle. E’ stata preparata una striscia di tessuto blu cui sono state cucite le porzioni di velcro corrispondenti (lato gancio) che è stata cucita sul supporto sul retro, in corrispondenza del margine del telo verde. Le bullette sono state riposizionate nei fori originali, passanti nelle sedi predisposte nel velcro.

L’intervento, basato essenzialmente sulle cuciture, seppure abbastanza lungo nei tempi, ha confermato l’estrema resistenza del metodo tradizionale senza l’impiego di adesivi e la possibilità di consolidare e rendere estremamente manipolabile un tessuto fragilissimo.

Ogni scelta che si fa nel restauro condiziona sempre l’intervento…e di conseguenza qualcosa si guadagna e qualcosa si perde. Crediamo che, in questo caso, il velo di protezione, seppur poco visibile a molti, che copre l’intera superficie del drappo, e le estese ma graduali cuciture che consolidano dapprima il drappo e poi lo fissano al supporto trasparente siano l’unico intervento “invasivo” nella superficie della seta. Invasivo ma sempre reversibile che ci porta a ripresentare la “storia ricucita”[2] in una nuova esposizione.

 

[1] Vedi sezione dedicata alla diagnostica 

[2] Maria Mataluno, "La Storia ricucita" in Il Carabiniere nn.8-9 agosto-settembre 2015